IL VIAGGIO DI FRIDA - Una fiera ambasciatrice italiana a Colonia 🇮🇹 ✈️ 🇩🇪

Da Varese a Londra, Bruxelles e Colonia, questa è la storia di Frida, che ha lasciato l’Italia a 19 anni, spinta dalla curiosità verso il mondo e dalla voglia di sfuggire a una mentalità provinciale. Attraverso sfide professionali e personali, ha trovato nelle città europee un ambiente aperto e dinamico dove poter crescere. Oggi, riflette su come le sue esperienze all'estero abbiano influenzato la sua visione del mondo e il suo rapporto con l’Italia.

Cosa ti ha spinto inizialmente a lasciare l'Italia per Londra e successivamente per Bruxelles? Quali erano le tue aspettative all'epoca?
Sono cresciuta a Varese, in una famiglia con vedute aperte ma in un contesto fortemente provinciale, mi sentivo intrappolata in una mentalità chiusa. Volevo esplorare il mondo, ma a Varese sentivo sempre frasi del tipo: "Ma lei ha intenzione di rimanere incinta?", nonostante fossi single. Questo genere di situazioni mi soffocava, così decisi di trasferirmi a Londra, attratta dalla sua vibrante scena culturale e musicale. Londra mi appariva come una metropoli cosmopolita dove tutto sembrava possibile. Nonostante l'iniziale entusiasmo, però, ho faticato a integrarmi. Quando tornai in Italia, speravo di sfruttare l'esperienza internazionale che avevo acquisito, ma mi sono scontrata di nuovo con lo stesso provincialismo dal quale ero fuggita. Lavoravo a Milano in un ente istituzionale, ma non percepivo cambiamenti significativi. Quando si presentò una nuova opportunità, non esitai a partire di nuovo, questa volta per Bruxelles, dove ho potuto lavorare per un ente italiano di certificazione. Questi trasferimenti sono stati tutti segnati dal desiderio di fuggire da un ambiente soffocante e trovare spazi di maggiore apertura e possibilità.

Quali sono state le sfide più grandi che hai affrontato al tuo ritorno in Italia dopo l’esperienza all'estero? Cos’è stato determinante nel farti decidere di espatriare nuovamente?
Il ritorno in Italia è stato un confronto piuttosto duro con la realtà che avevo lasciato. La sfida più grande è stata ritrovarmi in un ambiente caratterizzato da una mentalità chiusa e limitante. Speravo che le competenze e l’esperienza acquisita all’estero venissero apprezzate, ma mi sono imbattuta nello stesso provincialismo di sempre. Persino gli amici di vecchia data sembravano non essere cambiati: conservavano le stesse convinzioni limitanti e l’approccio conservatore. Anche in ambito lavorativo, nonostante fossi in una posizione istituzionale a Milano, mi sentivo frenata, senza vedere un reale cambiamento nelle dinamiche. Questa mancanza di apertura e la frustrazione di non essere valorizzata hanno determinato la mia decisione di espatriare di nuovo. All’estero trovavo un ambiente più dinamico, aperto alle idee nuove, dove il mio potenziale poteva esprimersi senza dover combattere con barriere culturali.

Com’è stato il passaggio dalla vita in provincia lombarda, con una mentalità più chiusa, alla vita in città come Londra, Milano, Bruxelles e poi Colonia? Come è cambiata la tua percezione del mondo?
Il cambiamento è stato radicale. Lasciare la provincia lombarda, nonostante Milano era, ed è ancora oggi, una città che offre tante opportunità, per trasferirmi in città internazionali come Londra, Bruxelles e Colonia ha ampliato enormemente la mia visione del mondo. Ho vissuto all'estero per 25 anni, e solo 9 o 10 anni in Italia dopo i 19. Colonia, dove ho vissuto per 20 anni, è considerata la città più aperta della Germania, e mi ha colpito per la sua accoglienza. Ogni città in cui ho vissuto ha contribuito a plasmare la mia percezione del mondo, facendomi apprezzare la diversità culturale e la ricchezza delle esperienze umane, un contrasto netto con la rigidità della provincia da cui provenivo.

Hai vissuto a Colonia per quasi 20 anni. Come hai vissuto la transizione da un'esperienza lavorativa precaria in Italia a una posizione stabile in un'istituzione europea?
La transizione è stata significativa. In Italia, specialmente in contesti istituzionali, spesso ho incontrato barriere professionali e culturali che mi impedivano di esprimere il mio pieno potenziale. Col trasferimento in Germania, ho trovato stabilità lavorativa, soprattutto in ambito europeo, dove l'approccio meritocratico e l'internazionalità mi hanno permesso di crescere professionalmente. Tuttavia, ho osservato una certa difficoltà nei migranti italiani di prima generazione a integrarsi con i migranti degli ultimi anni. Colonia è una città multiculturale con una forte presenza di italiani, turchi e recentemente ucraini. C'è ancora una certa discrepanza nel modo in cui i tedeschi percepiscono gli italiani. Un noto giornalista era solito dire che “Gli italiani non amano i tedeschi, ma li stimano. I tedeschi amano gli italiani, ma non li stimano” e aggiungerei che spesso vale lo stesso anche al contrario. 

Quali aspetti dell’Italia ti mancano di più e come riesci a mantenere i legami con la tua terra d'origine?
Quello che mi manca dell'Italia sono soprattutto i sensi: i profumi della natura, della cucina, la freschezza della verdura, che all'estero sembra perdere la sua intensità. C'è una bellezza e una ricchezza unica nei sapori e nelle forme che solo l'Italia può offrire. Vivendo lontano, però, mi rendo conto di quanto la distanza mi privi della libertà di scegliere alcuni aspetti della vita quotidiana che in Italia sono scontati. Per mantenere i legami con la mia terra, torno regolarmente a trovare famiglia e amici, coltivando anche piccole tradizioni italiane ovunque mi trovi. È soprattutto il mio amore per la cultura italiana a tenermi connessa.

Hai mai pensato di tornare stabilmente in Italia? Se sì, cosa ti ha trattenuto? Se no, cosa ti ha convinto a rimanere all’estero?
Sì, ho pensato di tornare in Italia e, tra pochi anni, andrò in prepensionamento. Tuttavia, negli anni ho scelto di rimanere all’estero perché ho trovato all’estero le opportunità che in Italia mi venivano negate. Nonostante le difficoltà, credo fermamente nel valore di un’esperienza internazionale, anche se comporta sacrifici.

Alla luce della tua esperienza, che consigli daresti a chi sta pensando di lasciare l’Italia per costruirsi un futuro all’estero?
Il mio consiglio è di fare un'esperienza all'estero. Anche se si decide di tornare in Italia, il bagaglio che si acquisisce è inestimabile. Bisogna essere curiosi, aperti. Anche un breve periodo, come un master, può cambiare la prospettiva. Tuttavia, ognuno ha un percorso personale, con il proprio background emotivo e culturale, quindi ognuno deve fare le scelte che sente giuste per sé.

Se potessi tornare indietro e parlare alla te stessa che stava per partire con un biglietto di sola andata, cosa le diresti?
Le direi: "Vivi la vita." Non è facile, ma nella vita bisogna avere il coraggio di rischiare. Le cose più belle spesso accadono senza preavviso, fuori dai piani. La vita è fatta di svolte inaspettate, e ogni rischio che prendi ti avvicina a una nuova scoperta.

CONCLUSIONE
Dopo anni vissuti all’estero, Frida guarda al suo percorso con gratitudine e saggezza. Nonostante le difficoltà incontrate lontano dall'Italia, il desiderio di contribuire al proprio Paese non si è mai spento. Consiglia a tutti di vivere un'esperienza internazionale, anche se il ritorno in patria potrebbe non essere definitivo. Crede fermamente che le competenze acquisite fuori dai confini italiani siano un valore aggiunto da riportare nel proprio paese, con la speranza di un’Italia più aperta e valorizzata e vivere l’Italia “da lontano” ci fa apprezzare di più ciò che il bel paese ha da offrire.

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