IL VIAGGIO DI GIOVANNA - Lasciare il posto fisso e rimettersi in gioco... in Svizzera! 🇮🇹 ✈️ 🇨🇭
Nel 2014, Giovanna lascia Marsala per trasferirsi in Svizzera, spinta dalla speranza di una vita migliore per la propria famiglia. La decisione, vista con scetticismo da molti, è stata dettata dal desiderio di maggiori opportunità e condizioni di vita più dignitose. In questo articolo, esploriamo il suo percorso di adattamento in un nuovo Paese, le difficoltà culturali e professionali incontrate, e le riflessioni sul sistema scolastico e sociale svizzero, offrendo consigli utili per chi sta pensando di compiere un passo simile. Buona lettura!
Cosa ti ha spinto a lasciare Marsala e trasferirti in Svizzera nel 2014? Quali erano le tue aspettative iniziali riguardo a questo cambiamento?
Ci siamo trasferiti grazie al fatto che mio marito ha trovato lavoro in un ristorante in Svizzera. Io avevo un posto fisso in Sicilia. Avevamo una casa di proprietà e due bambini di 10 e 3 anni. Molti hanno pensato che fossimo pazzi a lasciare questa stabilità. Ma eravamo insoddisfatti: stipendi bassi, nessuno possibilità di crescita professionale e condizioni lavorative poco stimolanti. Mio marito lavorava tantissimo e veniva pagato poco ed io a 37 anni non mi sentivo per niente realizzata dal punto di vista professionale. É stato lui a trovare il coraggio per entrambi: é partito da solo, mentre io sono rimasta con i nostri due figli. Dopo pochi mesi lo abbiamo raggiunto. Il viaggio è stato un Palermo-Milano in aereo e poi un treno fino a destinazione. Pur desiderando andarmene, non avevo il coraggio di farlo. Le mie aspettative erano che in Svizzera ci sarebbero state più possibilità per i nostri figli, sia a livello di studio che dal punto di vista lavorativo. Mi aspettavo che, se fossimo rimasti in Sicilia, in futuro i nostri figli avrebbero comunque trovato opportunità di lavoro altrove.
Quanto è stato difficile adattarsi alla vita in Svizzera, sia dal punto di vista culturale che personale? Ci sono stati aspetti della cultura svizzera che ti hanno colpito particolarmente?
Adattarsi non è stato semplice, soprattutto per la lingua, che ha rappresentato un ostacolo enorme per tutti noi. Il primo anno è stato un vero trauma, soprattutto perché io non ho lavorato, scegliendo di dedicarmi alla famiglia. Grazie alla missione cattolica, però, ho iniziato a frequentare altri italiani a Berna e i bambini si sono integrati un po' attraverso il gruppo scout. Tuttavia, la cultura svizzera, pur avendo molti aspetti positivi, richiede tempo per essere compresa e assimilata.
Hai avuto difficoltà a ricostruire una rete di supporto e amicizie in Svizzera, lontano dalla tua famiglia e dalle persone care in Italia? Come hai affrontato la solitudine, se l'hai provata?
All'inizio è stato come essere un pesce fuor d'acqua. Se avessimo affrontato queste sfide a 20 anni sarebbe stato diverso, ma eravamo genitori e già grandi, con una responsabilità verso i nostri figli. Ci sentivamo soli, senza il supporto dei nonni e della rete familiare. Non avevamo appoggi, eravamo così presi che ci concentravamo solo a “nuotare per non affogare”. Sapevo che non potevamo tornare indietro, avevamo lasciato una casa di proprietà e un posto fisso in Sicilia. Tornare sarebbe stato impossibile ed ero consapevole che dovevamo farcela.
Com'è stato il passaggio nel mercato del lavoro svizzero? Hai riscontrato differenze significative rispetto all'Italia?
All’inizio ho avuto difficoltà, onostante avessi una laurea ed una specializzazione, questi titoli sono stati riconosciuti solo parzialmente. Il fatto che non conoscessi la lingua tedesca era il più grande limite che mi impediva di trovare lavoro. Dopo diverse ricerche ho accettato un lavoro come praticante in una scuola speciale, un lavoro che veniva fatto dai giovani appena diplomati come esperienza per prendere consapevolezza delle proprie scelte professionali future. I primi anni ho lavorato tantissimo e venivo pagata poco. Oggi mi occupo di network marketing e lavoro online. Continuo a lavorare a scuola saltuariamente.
Hai notato differenze significative nel modo in cui vengono trattati e supportati i bambini disabili in Svizzera rispetto all'Italia? Se sì, quali sono queste differenze?
In generale sono molto critica nei confronti del sistema scolastico svizzero. Ci sono tanti aspetti positivi, per esempio il fatto che la scuola fin dai primi anni orienta i ragazzi al mondo del lavoro. In Italia trovo che la formazione sia spesso troppo teorica. Tuttavia ci sono tanti aspetti che non condivido nel sistema scolastico svizzero e molte lacune ad esempio per quanto riguarda l’integrazione dei bambini stranieri. L’integrazione dei bambini disabili secondo me invece è più avanti rispetto che in Italia.
Cosa consiglieresti a una persona italiana, specialmente a chi lavora nel sociale come te, che sta pensando di trasferirsi in Svizzera? Quali sono le sfide e le opportunità da considerare?
Assolutamente consiglierei di trasferirsi. Dopo dieci anni, la nostra vita è migliorata sotto ogni punto di vista, abbiamo anche comprato casa da poco, ma bisogna essere umili e preparati a ricominciare da zero. I vantaggi sono molti, ma ci sono anche dei contro, come il costo della vita molto alto. La Svizzera ti accoglie solo se sei disposto a dare qualcosa, non puoi solo chiedere.
Se potessi tornare indietro e parlare con te stessa nel momento in cui stavi per imbarcarti con un biglietto di sola andata, cosa le diresti e quali consigli le daresti?
Con il senno di poi le direi di non avere paura del cambiamento perché: „ Se non ti piace dove sei puoi spostarti, non sei un albero!“Il cambiamento fa paura, ti porta ad uscire dalla tua zona di confort perché ti porta a lasciare ciò che conosci e ad avventurarti verso qualcosa di sconosciuto. Tuttavia si può sempre cambiare e a qualsiasi età, impegnandosi per una vita all’altezza dei propri sogni.
Il trasferimento in Svizzera ha richiesto sacrifici e una buona dose di coraggio, ma ha portato a un netto miglioramento delle condizioni di vita di Giovanna e di tutta la sua famiglia. La lezione che emerge da questa esperienza è chiara: il cambiamento può spaventare, ma restare immobili per paura limita le opportunità. Bisogna avere il coraggio di mettersi in gioco, pronti a ricominciare e affrontare nuove sfide, perché solo così si può aspirare a un futuro migliore per sè e per le persone a cui teniamo.
Spero che questo articolo ti sia piaciuto e ti abbia ispirato! Ti auguro una splendida settimana e ti do appuntamento al prossimo articolo. Alla prossima, cià uagliò!